giovedì 15 dicembre 2011

Ricca di Natale

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 "Il Natale muove una bacchetta magica sul mondo ed ecco, tutto è più dolce e più bello"
 (Norman Vincent Peale)

Credevo che a me non sarebbe mai successo, invece quest'anno non riesco a sentire il Natale. Non so se per colpa di quello che leggo e sento in giro a proposito della crisi mondiale, della povertà crescente, dei soliti atti di violenza e di egoismo (che adesso cominciano a registrarsi anche alle classi dell'asilo). Credo piuttosto che dipenda da qualche piccola increspatura dentro di me. La magia è evaporata o quasi. Eppure le strade di Firenze, son sempre più illuminate, le vetrine sempre più scintillanti e colorate e futuristiche, i pandori sempre più bianchi di vaniglia e i panettoni scoppiano di canditi. Ma non riconosco il 'mio'Natale. Il mio Natale sapeva di tutte le cose più buone e dolci del mondo. Ho dei ricordi in 3d di quel giorno. C'erano le voci per le scale di casa, le porte della casa della zia e dei nonni aperte per consentire il transito delle pentole e dei tegami pieni dei nostri piatti preferiti, un via vai di vassoi, di profumi, un religioso rituale di gesti, la regia della nonna a tavola. Era piccola, piccola la nonna, ma aveva un piglio da far invidia ad un Generale dei Carabinieri. Il nonno stava seduto a capotavola dietro ai suoi occhiali di tartaruga e nel gilet di lana rosso vino, e sembrava che ci fosse stato dall'anno prima e da sempre in quella posizione. Le mani della zia ammorbidivano i crostini, la tv accesa trasmetteva RAI 1 ed i vetri della finestra sul giardino erano appannati e io amavo disegnarci sopra stelle comete, babbi natali, rametti di agrifoglio. Poi arrivava mia sorella e cancellava tutto e le restavano tutte le mani inumidite. In sala troneggiava l'albero del nonno: acceso, spento, acceso, spento, nell'intermittenza dei lampioncini colorati e fra tutte, ogni anno, in bellezza vinceva la pallina d'argento con dentro un cerbiatto ed una casetta innevata. Però il nonno la metteva sempre troppo in alto. Allora. La madia di legno era pienissima di panforti, che solo io e qualche altro mangiavamo, frutta secca, pandori (rigorosamente il semicono violetto pallido della Bauli, da cui mio babbo ricavava sempre un elmo per far giocare ai cavalieri il mio cugino più piccolo) ed i panettoni, con e senza uvetta, per accontentare tutti. La tavola era sempre apparecchiata con la tovaglia a fiori e bacche blu, i tovaglioli coordinati, il cucchiaino (della festa perchè negli altri giorni non si metteva) in alto davanti al piatto per il dolce o la macedonia. Dopo poco la tovaglia aveva qualche macchia di vino rosso. Una tradizione anche quella. Come il battibecco della nonna con la zia e poi con il nonno, i litigi di noi bambini. Sedevo accanto alla mamma, mi pare ancora di sentire il suo braccio morbido che sfiora il mio e l'odore delle Muratti Ambassador della zia; rigorosamente una, dopo il caffè e a chiusura del chiacchiericcio che non cambiava mai ogni anno. Non so che darei per avere ancora un pranzo così, quella sensazione di sicurezza, di conforto. Era tutto perfetto, tutto al posto giusto, anche la macchia di vino, anche la brocca dell'acqua color ambra sbocconcellata sul bordo. Poi, rileggo queste righe e penso che ho ancora tutto qui con me. Acceso, spento. Acceso.

3 commenti:

  1. Questa descrizione, meravigliosa, del tuo ricordo di un natale della tua infanzia, mia ha davvero commossa. L'importante è che rimanga vivo dentro di te; e poi, chissà, magari il prossimo anno ritornerà ad essere magico. O almeno divertente, magari arrivo io vestita da renna di Babbo Natale ;)

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  2. semplicemente "grazie".
    Perchè vedi,...c'è la certezza di scoprire che anche nella mente degli altri esiste un luogo, trascurato da tanto tempo magari, un angolo in cui sono riposti i ricordi più sacri a livello individuale. Quelli del Natale, quelli delle atmosfere che appartengono all'infanzia, coi nonni che pur nella maggiore povertà di allora, sapevano insaporire "l'aria di festa", con le loro parole calme, assennate, piene di rispetto per i ritmi della Vita.La gratitudine era per quel che c'era da mettere in tavola, il dolce tradizionale,le castagne, il vino e soprattutto l'affetto che si tagliava a fette. Lo si avvertiva insomma come una materia solida.Era quella la festa

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  3. è così anche per me, anche se credo che ogni Natale sia un Natale nuovo e non dobbiamo cercare i segni "dei natali passati" o quelli "dei natali futuri"...
    ma creare lo spirito del natale presente...(anche se è dura!)

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